Ghali a Sanremo, tra musica e messaggi controversi sul conflitto israelo-palestinese

Nella 74 esima edizione del Festival di Sanremo, l’artista Ghali ha suscitato dibattiti e controversie con il testo della sua canzone “Casa mia”, il quale, sebbene in modo implicito, sembra fare riferimento alla situazione di conflitto a Gaza.

Questo ha generato reazioni contrastanti all’interno della comunità, in particolare tra i rappresentanti della comunità ebraica di Milano. Il presidente Walker Meghnagi ha criticato apertamente l’esibizione del rapper, definendola “propaganda anti-israeliana”. Tale presa di posizione evidenzia la sensibilità del tema trattato e la percezione di Ghali come artista impegnato in una forma di espressione politica attraverso la sua musica.

“Ieri sera, al Festival, uno spettacolo che dovrebbe unire gli italiani, – scrive Meghnagi in una nota – è andata in scena una esibizione che ha ferito molti spettatori. Ghali ha proposto una canzone per gli abitanti di Gaza, ma a differenza di Ghali non possiamo dimenticare che questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 ottobre”

Il presidente si riferisce ad un pezzo specifico della canzone del cantautore che, purtroppo però, rappresenta la realtà di ciò che sta accadendo ed è accaduto: “Di alzare un polverone non mi va (va) / Ma, come fate a dire che qui è tutto normale / Per tracciare un confine / Con linee immaginarie bombardate un ospedale / Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane / Non c’è mai pace”.

Walker Meghnagi continua: “Non lo possiamo accettare nella nostra Italia, nel paese dei nipoti di quanti hanno stilato le leggi razziali – prosegue – (…). Non col nostro silenzio. Le nostre sinagoghe e le nostre scuole sono circondate dalla polizia e dall’esercito, sappiamo sulla nostra pelle che la propaganda finisce per armare le mani dei violenti. E ci chiediamo, dove sono i vertici Rai?”, sottolinea.

Il 7 ottobre, Hamas ha perpetrato attacchi che hanno causato la perdita di vite all’interno della comunità ebraica, un evento che ha suscitato sdegno e condanna. Tuttavia, è innegabile che la popolazione palestinese abbia subito ingiustizie e violenze per decenni, privata della dignità e dei diritti fondamentali. Questo lungo periodo di sofferenza e oppressione ha generato reazioni emotive e la volontà di alcuni di portare alla luce tali ingiustizie. Ingiustizie soffocate dalla propaganda, però non quella a cui fa riferimento il presidente Meghnagi.

Walker Meghnagi, ha fatto delle affermazioni che sono state smentite dai fatti. L’idea che “gli abitanti di Gaza abbiano festeggiato la strage dell’7 ottobre” è stata negata dalle fonti e non trova riscontro nella realtà dei fatti.

Inoltre, quest’ultimo ha dichiarato che “gli abitanti di Gaza hanno nascosto oltre 200 israeliani rapiti e detenuti in condizioni disumane, molti dei quali sarebbero prigionieri nei tunnel che partono dagli ospedali di Gaza, ospedali menzionati da Ghali”. Tuttavia, mentre esistono casi documentati di ostaggi da entrambe le parti coinvolte nel conflitto israelo-palestinese, è stato riportato che durante il tentativo di rilascio degli ostaggi da parte di Hamas, Israele avrebbe rifiutato e, al contrario, preferito utilizzare i civili come scudi umani, incluso alcuni ebrei che non erano d’accordo con le decisioni del governo israeliano nei confronti dei palestinesi.

Walker Meghnagi ha riferito la presenza di “un neonato tra gli israeliani ancora tenuti in ostaggio a Gaza”, sottolineando che questa situazione risveglia dolorose memorie del passato, quando milioni di bambini ebrei furono vittime dell’Olocausto, con la complicità di alcuni paesi europei. Tuttavia, è importante sottolineare che molte delle atrocità riportate dai tg occidentali, come neonati presi in ostaggio e mamme sventrate, sono state smentite. Ciò che rimane evidente è che nel conflitto israelo-palestinese, entrambe le parti hanno commesso violazioni dei diritti umani, con Israele che, a volte, si comporta con un atteggiamento di superiorità eccessiva.

Ghali ha risposto prontamente alle critiche, dichiarando sui social che “il brano affronta il tema della guerra, ma non come conseguenza degli attacchi avvenuti in Israele il 7 ottobre”. Il rapper ha specificato che “la canzone è stata scritta precedentemente e che l’ha creata come un mezzo per sfuggire ai pensieri angoscianti”. Nel suo post su X, Ghali ha chiarito di “non avere né il ruolo né l’ambizione di risolvere questioni internazionali, ma di essere al Festival di Sanremo per trasmettere un messaggio”. Ha enfatizzato che se la sua performance e la sua musica inducono alla riflessione su ciò che spesso viene ignorato, allora è un risultato positivo. Ghali ha ribadito l’importanza di “prendere posizione e di non permettere che il silenzio sia interpretato come un assenso”.

È deprimente osservare come coloro che in passato hanno subito discriminazioni, persecuzioni e violenze a causa della propria identità ebraica, oggi possano promuovere gli stessi trattamenti verso un altro popolo. Questo solleva interrogativi sulla condotta dell’Europa, dell’Italia e del mondo nel suo complesso, che sembrano essere dalla parte sbagliata e ciò suscita dubbi sulle motivazioni di tale comportamento.

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