Nel decimo anniversario del naufragio di migranti del 3 ottobre 2013, costato la vita a 368 uomini, donne e bambini, Lampedusa continua a contare le sue vittime con cadenza quasi quotidiana. Quella di dieci anni fa fu una delle più gravi catastrofi del Mediterraneo e per non dimenticare quella tragedia è stata istituita per il 3 ottobre la “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”.
L’imbarcazione era un peschereccio lungo circa 20 metri, salpato dal porto libico di Misurata il l’1 ottobre 2013, con a bordo migranti. La barca era giunta a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane quando i motori si bloccarono, poco lontano dall’Isola dei Conigli. Per attirare l’attenzione delle navi che passavano, l’assistente del capitano ha agitato uno straccio infuocato producendo molto fumo che ha spaventato parte dei passeggeri, i quali si sono spostati da un lato dell’imbarcazione stracolma, che si è rovesciata. La barca ha girato su sé stessa tre volte prima di affondare. Alle 7 del mattino, alcune imbarcazioni hanno notato i naufraghi e dato l’allarme caricando la maggior parte dei superstiti a bordo.
A seguito delle prime operazioni di recupero, 194 cadaveri sono stati tratti estratti dalle acque e il numero delle vittime era stimato tra i 325 e 363 individui. Altri 108 corpi sono stati recuperati entro il 9 ottobre. L’11 ottobre, è stato riferito che tutti i corpi erano stati recuperati dal vascello e che il numero dei morti aveva raggiunto i 339. Invece, altri 20 corpi sono stati trovati e recuperati il 12 ottobre, portando il totale delle vittime accertate a 366. Secondo la testimonianza del superstite eritreo Mussiie Ghebberhiert, le persone imbarcate erano 545.
Le bare, identificate o meno, sono state seppellite in vari cimiteri della Sicilia. Ad Agrigento è stata celebrata ufficialmente una cerimonia funebre senza bare a fine ottobre. Il capitano dell’imbarcazione, il tunisino di 35 anni Khaled Ben-salam, risulta essere stato precedentemente espulso dall’Italia nel mese di aprile del 2013 e il 30 giugno 2015 il Tribunale di Agrigento lo ha ritenuto responsabile di omicidio colposo plurimo, condannandolo a 18 anni di carcere. I superstiti del naufragio sono stati inseriti nel registro degli indagati e accusati di reato di clandestinità per essere entrati illegalmente in Italia, secondo le leggi sull’immigrazione vigenti al momento del disastro.
In seguito al naufragio di Lampedusa, il governo italiano, guidato al tempo dal presidente del consiglio Enrico Letta, ha deciso di rafforzare il dispositivo nazionale per il pattugliamento del Canale di Sicilia autorizzando l’operazione “Mare nostrum“, una missione militare ed umanitaria la cui finalità è di prestare soccorso alle persone prima che possano ripetersi altri tragici eventi nel Mediterraneo. A partire da novembre 2014, l’operazione “Mare nostrum” è stata sostituita da “Frontex Plus”, il nuovo programma a guida dell’Ue che punta al controllo delle frontiere.